Ground. Lettere sulla musica è un libro particolare.
Pubblicato per i tipi dell’Edizione Joker, rappresenta per molti versi un libro composito e leggibile in molti modi.
In molta parte letterario e solo per cenni filosofico, il suo nucleo ruota attorno alla musica e ad alcuni suoi modi di interrogarsi prevalentemente occidentali: musica oltreché per piacere, per riflettere e far riflettere su cose ultime, sui ground dell’arte, della conoscenza, della soggettività, dell’esistenza, del mondo, qui affrontati nei modi spontanei ed immediati che gli autori hanno trovato più prossimi allo spirito delle serate passate insieme ad ascoltare musica.
Il libro si muove attraverso suggestioni letterarie che naturalmente rimandano a diversi mondi del pensiero, senza però svilupparne con precisione nessuno, se non per cercare qualcosa che si avvicini a individuare una risposta, finanche solo suggestiva, alle domande ‘cos’è la musica’ e ‘cos’è la poesia’.
Contiene nella prima sezione uno scambio epistolare tra gli autori (qualche anticipazione è stata già pubblicata sul web), ovvero lo scrittore e psichiatra Marco Ercolani e il sottoscritto, Francesco Denini. Le lettere sono corredate da indicazioni utili per l’ascolto (spesso con riferimenti in rete) dei brani musicali di volta in volta citati. Senza la minima pretesa di esaurire neanche lontanamente campi musicali a volte appena accostati, potrebbe accadere comunque che il lettore si trovi a condividere squarci d’ascolto forieri d’ulteriori e molteplici approfondimenti.
Nella seconda parte il libro presenta un breve saggio intitolato “Marsia, la pelle del tempo”, che propone una mia riflessione relativa ai rapporti tra scrittura musicale occidentale, interpretazione e ascolto musicale, ispirandosi e rielaborando il mito antico di Marsia e Apollo.
La terza parte infine, la più autenticamente e squisitamente letteraria, offre una fantasmagoria di apocrifi di Marco Ercolani, che s’insinuano negli interstizi delle vite e gettano squarci imprevedibili sulle emozioni, i pensieri creativi e i vissuti più estremi e particolari di un buon numero di musicisti tra i più significativi e radicali della storia della musica dal Quattrocento ad oggi.
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“Perché un libro “a quattro mani” di lettere e di saggi sulla musica, antica e contemporanea? Perché uno scrittore e un musicista si confrontano sul tema? Quale necessità li muove? Forse la più semplice: dare voce a un’antica amicizia che, da sempre, li vede interrogare la musica come una filosofia sonora che traversa il mondo. Non è di sola musica, che parla questo libro, né di solo pensiero, ma di una corrente comune che non esige soltanto la materia sonora o la riflessione sul suono ma li convoca insieme, in un dialogo concertato e inattuale dove Dioniso, Marsia, Bach, Beethoven, Couperin, non smettono di parlarsi. Ground è il fondo oscuro della musica e della parola, quel basso ostinato che chiede alla musica di narrarsi e alla scrittura di risuonare. “Perché amo così tanto Couperin? Perché a volte oppongo il suo f luido improvvisare alla serietà magistrale di Bach? Non ho mai creduto che Couperin fosse privo di un suo personale rigore ma trovo nella fluida ossessione delle sue note una libertà rara, che ritrovo solo nell’ultimo Mozart” (M.E.). “La poesia è un chiedere alla parola di aiutarci a individuare forme di senso così penetranti e sottili da spiazzare ogni luogo comune del senso, la stessa sensatezza presunta dell’essere rispetto ai percorsi supposti del divenire, la stessa sua oggettività rispetto al fluire delle nostre coscienze?” (F.D.).
Marco Ercolani, Francesco Denini M.E., F.D.”
Francesco Denini
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APPUNTI
Dicembre 2024
Molte idee da noi esposte in Ground si mostrano apertamente come idee in corso di formazione. Se nulla è veramente definito, molto è però a tratti suggerito. Sento il bisogno di documentare qui le integrazioni e le vicende che questo pensare per suggestioni procura in me, in ossequio al tratto dinamico e naturalmente anche e sommamente transitorio di questo scrivere e ascoltare.
I.
L’incontro sul web – avvenuto dopo la pubblicazione di Ground – di una recensione di Stefano Cardini del 2010 ad Album per la teoria della musica greca di Giovanni Piana, mi ha spinto a cercare questo testo direttamente presso il sito di Giovanni Piana, mettendomi quindi al cospetto di una prospettiva assolutamente stimolante rispetto al mio appunto Marsia, la pelle del tempo. Il breve commento seguente, di Carlo Serra, alla nota di Cardini mi ha quindi permesso di guardare ancora più a fondo all’intera prospettiva filosofica del testo di Piana: “l’idea di rimandare alla prospettiva sulla ricorsività che sostiene Numero e figura è un eccellente viatico per riaprire una discussione sull’idea di operazione, interna alla riflessione fenomenologica fin dagli esordi husserliani, e che le molte letture della fenomenologia schiacciate su i portati della Crisi delle Scienze Europee hanno un po’ troppo trascurato. Forse è tempo di ripensare davvero queste tematiche, per coglierne la notevole ricchezza anche in direzione del tema filosofico dell’ascolto musicale, con il suo implicito intrecciarsi d’orizzonti di attività e passività”. Va da sé che incontri di questo tipo aprono a riconsiderazioni che richiedono un più ampio tempo di maturazione. Ma sono anche gli incontri che la pubblicazione di Ground spero vivamente venga generando. In particolare Carlo Serra viene ricordato in Ground, anche se solo in nota, per il suo mirabile libro Come suono di natura. Metafisica della natura nella Prima Sinfonia di Gustav Mahler (2019), dall’impostazione per molti versi dichiaratamente opposta a quelle da me predilette di Hugues Dufourt (e in parte di Adorno), ma non per questo privo di autentico interesse.
II.
Ho idea che Marco Ercolani non ami questi riferimenti, mentre personalmente ho sempre bisogno di riportare la soggettività ad una visione “dall’esterno”, se non dal di sopra. In questo senso accetto di pensare che Ground corra il rischio, nella sua immediatezza, di non uscire da quella che l’Umberto Eco di Apocalittici e Integrati avrebbe chiamato midcult e Theodor Adorno, pochi anni prima, aveva chiamato Habbildung. L’immediatezza di comunicazione attraverso ‘riferimenti-cenno’ può essere uno strumento intuitivo indispensabile, ma solo se munito di strumenti di approfondimento ulteriori. In questo senso intervengono le indicazioni per l’ascolto e le Note. Una delle lettere più ‘abissali’ nonostante la sua brevità potrebbe essere la sesta, quella intitolata Hölderlin e la musica. A distanza di tempo dalla stesura, il rimando al Giorgio Vigolo, il grande traduttore di Hölderlin per l’Einaudi, che scrive Quali musiche suonò Hōlderlin?, accompagnato dal rimando alla traduzione dell’opera poetica per Adelphi, di Enzo Madruzzato e, nella lettera precedente, alla vasta presentazione di Remo Bodei all’Iperione possono nell’insieme soccorrere adeguatamente alla mediazione linguistico-culturale di uno dei poeti più studiati e commentati della letteratura tedesca. Ma per quanto parziali restano opere molto vaste e più facili da indicare come contrafforti che da frequentare esaurientemente. Per di più, il passo del saggio Sul tragico non è esattamente lineare e implica un controllo adeguato al testo in lingua originale. Se poi ci si spinge davvero a confrontare il citato passo di Hölderlin con l’attualissimo senso di follia epistemologica che introduce Ercolani, rimandando a Bejamin Labatut, allora siamo fuori davvero da ogni delineato perimetro di controllo. Inoltre, i rimandi musicali della sesta lettera pur limitati alle sole quattro ultime Sonate per pianoforte di Mozart (K.457, K.533/494, K.545, K.570 e K.576) e limitandosi a poche interpretazioni pianistiche, si affacciano su una panoramica potenziale sul web davvero vasta: per la sola sonata K. 457 in do minore, pur essendomi limitato a quelle che ho ritenuto tra le più autorevoli interpretazioni, quelle di Friedrich Gulda, Grigorij Sokolov e Emil’ Gilel’s, avrei dovuto aggiungere le notevolissime interpretazioni di Alicia de Larrocha, Andras Schiff, Maria Joao Piras, Sviatoslav Richter, Maurizio Pollini, Claudio Arrau, Daniel Barenboin, finanche Maria Yudina e altri ancora. Ed anzi un musicista capace di oltrepassare le barriere tra musica e letteratura (barriere difficili anche per i massimi vertici della letteratura come Leopardi e lo stesso Hölderlin) dovrebbe sapersi muovere tra queste interpretazioni sapendone tradurre in parole le diverse sfaccettature; sfida impossibile e che per l’appunto, almeno qui, potrei tentare prima o poi.
[continua]
Francesco Denini
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ERRATA CORRIGE
Qualche correzione l’oggetto-libro Ground la richiede. Indico qui con un punto esclamativo (!) quegli errori che potrebbero compromettere più marcatamente la comprensione del testo.
A pag. 5, terza riga (!1): il primo periodo non è stato raggiunto da una correzione che avrebbe fatto cadere la virgola e la ‘e’ dopo ‘talvolta: “Ogni lettera o quasi di questo epistolario è accompagnata da una guida all’ascolto che rimanda a registrazioni spesso presenti anche in rete, talvolta in video, talvolta esclusivamente reperibili.”
A pag. 7: è sfuggita la seconda ‘c’ al nome ‘Francesco Denini’.
A pag. 10, sest’ultima riga: il titolo del brano di Couperin “Les Barricades mysteriouses” ha perso la prima ‘e’ dell’aggettivo.
A pag. 14, terz’ultima riga (!2): “putting it another way” deve essere corretto con “putting in another way”.
A pag. 42, riga 20 (!3): ripartire il Wozzeck” [e non Woyzeck].
A pag. 49, terzultima riga (!4): “sul quale è reperibile” e non “sono reperibile”.
A pag, 60, nel rimando alle Nozze di Figaro di Mozart il nome di Claudio Abbado è inutilmente ripetuto 2 volte.
A pag., 64, sesta riga dal fondo: “ad assumere” invece di “a assumere”.
A pag. 65, penultima riga la parola ‘istituzionalizzarsi’ è erroneamente divisa in “istituzioni zionalizzarsi”.
A pag. 75, ottava riga dal fondo (!5): “evocati da un medium” (inserire il da mancante).
A pag. 76, undicesima riga dal fondo (!6): “con tre citazioni, che da Hölderlin e una da Sofocle”[cioè meriti “una”].
A pag. 80 alla nota relativa alla lettera 22, “Nella penombra della mente | la Dimora del tempo sospeso” è inutilmente ripetuto due volte.
A pag. 86, nella poesia di Bernard Noël (!7): “qualcosa da segno” va sostituito con “qualcosa fa segno”.
A pag. 91, in capitolo 2, terza riga (!8): “alla base ti tale specifico ‘sapere di non sapere’ [senza ‘o’].
A pag. 95, in nota 16 (!9): “adeguatamente commentate, Ilaria Ottria, in “Marsia e Glauco”, senza ‘da’.
A pag. 97, prima riga (!10): “città Pergamo” è da correggere con “città di Pergamo”.
Consegnato a [11] Mariapia Branca, Raffaele Cecconi, Carla Magnan, Claudio Lugo, Guido Caserza, Roberto Merani, Graziano Denini, Barbara Danovaro, Roberto Mingarini, Giovanna Savino, Caterina Scandale, …
Da parte di Marco Ercolani (che io sappia) [1]: Giuseppe Zuccarino, …